Brutti restauri nel pavimento del Duomo di Monreale

I pavimenti musivi del Duomo di Monreale negli anni 2007-2009 hanno subìto dei restauri conservativi sulle aree del presbiterio e delle navi laterali. Il degrado dei mosaici medievali (già restaurati nel XVI sec.), dovuto all’eccessiva presenza di pubblico, forse è stato aumentato dall’abitudine di alcuni turisti di trafugare le tessere sconnesse, vicine al sarcofago di Guglielmo I (La Sicilia, mercoledì 8 agosto 2007 di Maria Modica). L’errore è stato di usare marmi sbagliati per le integrazioni e sbagliato è anche il metodo di lucidatura di questi brutti marmi moderni, che sono stati inseriti tra le belle tessere di marmi antichi classici, qui riusati nel Medioevo. Per integrare il Porfido Rosso Imperiale mancante è stato usato un modesto e moderno Rosso Laguna (detto anche Rosso Asia); il Porfido Verde Serpentino è stato integrato e sostituito da un brutto Verde Guatemala (o forse Verde Alpi?), inadeguati i marmi moderni gialli e bianchi che sostituiscono i marmi antichi Giallo di Numidia e il Bianco Palombino. Nelle foto che riportiamo sotto (sono solo alcuni esempi di tutto l’intervento), si nota non solo l’incongruenza del materiale geologicamente diversissimo e della lucidatura sbagliata (a specchio) ma anche la forma geometrica assurda, data ad alcune tessere (vedi figg. 3-4)

4 commenti

  1. Nunzio

    Mai stato a Monreale.

  2. Oohh finalmente qualcuno che esce dal gregge di pecoroni di Monreale o di Palermo che sembrano non avere occhi per guardare e bocche per protestare..! Grazie sig. Oddo di questo suo commento poiché pensavo di essere rimasto l’ultimo ed unico rimbambito a notare certe cose che sinceramente dovrebbero far accapponare la pelle anche a chi non ha studiato i materiali lapidei antichi di riuso nel Medioevo. Sì forse tra qualche decennio non rimarrà più neanche un frammento originale dell’arte antica e medioevale di questo Nostro Meraviglioso Paese, solo perché un branco di ignoranti hanno interpretato erroneamente gli scritti di Brandi e di altri storici dell’arte e del restauro, credendo che l’intervento di restauro si debba sempre “vedere” e riconoscere con uno schiaffo cromatico in faccia (soprattutto ad un visitatore non preparato che alla fine crederà che quello è l’unico modo di intervenire), in nome di un metodo scientifico e filologico che nessuno ha mai stabilito, codificato o dimostrato. Indignamoci dunque e prepariamoci ad altre schifezze… A proposito come va il restauro dei pavimenti di San Cataldo a Palermo?

  3. Oddo Giuseppe

    Osservando il metodo di restauro pavimentale dell’area sinistra del presbiterio, quella che io chiamo campata di S. Luigi, c’è da rimanere sgomenti. Nel tempo si sono succeduti interventi di restauro secondo l’assurda ottica di differenziare, a qualunque costo, i brani di restauro dagli originali. Ciò ha determinato il costituirsi di un pittoresco repertorio di materiali e modalità operative, che ha, barbaramente e colpevolmente, soppresso la bellezza e l’esistenza stessa delle originarie formulazioni. Perché non si dovrebbe procedere ripristinando, sic et simpliciter, una composizione deteriorata dall’usura? Così procedendo, fra qualche decennio non sopravviverà più nulla che ricordi l’antico. Si sta confezionando, sciattamente, e con poca lungimiranza un collage che nulla avrà dunque a che vedere con l’aspetto genuino del manufatto.
    Giuseppe Oddo

  4. A. Tomei

    sì è una vergogna che si integrino marmi antichi con dei marmi moderni e per giunta tagliati e lucidati a macchina… e non credo ci sia alcuna dietrologia post-brandiana sulla riconoscibilità del restauro dall’originale. Allora era meglio usare plastica o scagliola, sarebbe stato più evidente e filologico senza essere illogico. Quando un restauro è fatto male, è brutto e basta

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