Ritrovato l’ambone perduto di Gaeta

Nel corso delle ricerche storiche e documentali per l’ambone di Santa Lucia del XIII sec. che l’Arcidiocesi di Gaeta vuole riallestire nel Duomo, abbiamo identificato quella parte di ambone (pubblicata come scomparsa) con l’opera n. S9e5s oggi nel esposta nel Museo Isabella Stewart Gardner di Boston. Questo ambone composto dalle quattro formelle mancanti a Gaeta dal 1895, ricomparve a Boston nella Collezione Stewart Gardner nel 1897, venduto dalla ditta dell’antiquario Pio Marinangeli di Roma. Queste formelle con ritratti i simboli di San Marco, San Luca, il cervo e il gallo cedrone insieme alle altre quattro presenti a Gaeta, formavano un grande ambone che per la notevole dimensione non poteva appartenere alla piccola Chiesa di Santa Lucia (già Santa Maria in Pensulis X sec.) ma più verosimilmente al Duomo di Sant’Erasmo, come alcuni studiosi hanno evidenziato: S. Aurigemma e A. de Santis, Gaeta-Formia-Minturno, Roma 1955 p. 14.

Antica foto della Soprintendenza del Lazio che ritrae le formelle nella Chiesa di S. Lucia.

Antica foto della Soprintendenza del Lazio che ritrae le formelle nella Chiesa di S. Lucia.

Ecco una foto delle formelle di Gaeta oggi presenti a Boston nel Museo Isabella Stewart Gardner

Ecco una foto delle formelle di Gaeta oggi presenti a Boston nel Museo Isabella Stewart Gardner

Nello stesso anno (1897) fu venduto al Museo da Pio Marinangeli, anche il famoso mosaico con la Medusa detto di Montebello, scavato nel 1892 nella proprietà del Cav. Alessandro Piacentini presso Prima Porta sulla Via Flaminia. Per quest’ultimo (mosaico) non si potrà chiedere la restituzione poiché proveniente da proprietà privata e esportato prima della Legge 1089/39 e addirittura prima di quella del 1909, ma per l’ambone che è di proprietà della Chiesa o dello Stato, non essendoci prescrizione, se ne auspicherebbe il ritorno a Gaeta, se non risultasse una vendita lecita da parte del parroco di Santa Chiara nel 1895-6.

17 commenti

  1. Caro Geometra Severino,
    questa non è una polemica ma è un dato di fatto certo. Cieco sarà lei se insiste ad affermare che quel pavimento è originale.
    Il mosaico “alla cosmatesca” del Duomo di Gaeta, in fase di montaggio, non ha 50 o 60% di tessere originali, non né ha neanche una di tessera originale, neanche un frammento!
    Il suo “lo vedrebbe anche un cieco” spero sia un’affermazione fatta in buona fede, purtroppo la cecità è un male inguaribile. Il Maestro Vitellius per ora preferisce rimanere fuori da questa diatriba anche perché non hanno finito di pagarlo.
    Basta con questa storia, che non ha né capo né coda !
    Nessuno crede che quel pavimento sia originale, tranne lei.

  2. Caro Arch. Del Bufalo,
    la ringrazio per le delucidazioni e chiudo qui questa “inutile polemica”.
    Forse l’artigiano che lo sta rimontando potrebbe dirci qualcosa di più sul problema e per questo le chiedo di chiedergli di contattarmi. E’ possibile che la Curia abbia sparato balle, ma che il 50-60% delle tessere siano eralmente antiche lo vedrebbe anche un cieco. Le vedo io dalle mie foto dettagliatissime e credo si possa vedere anche da quelle che ho pubblicato nel mio libro. L’intervento di Vitellius non certifica che tutto il pavimento sia moderno e in altri luoghi della chiesa vi sono altri lacerti di pavimentazione antica. Forse la polemica non era del tutto inutile, però rispetto la sua volontà salvaguardando, spero, il piacere di conoscerla di persona in qualche incontro dove “a voce” sarà certamente possibile spiegarsi meglio. Grazie dell’attenzione che ha potuto rivolgere al mio lavoro.
    Un caro saluto anche a lei.
    Nicola

  3. Caro Geometra Severino,
    io non ho affatto interpretato negativamente il suo lavoro, non ho avuto ancora il tempo di leggerlo tutto… non ho il tempo purtroppo da dedicare a tutto quello che mi si propone… ma mi è saltata subito all’occhio la cosa più macroscopica. Confondere un pavimento cosmatesco e attribuirlo a due maestri cosmati ben precisi, con un pavimento moderno tagliato a lastrucce fini (6-8 mm) e montato su pannelli di vetroresina con colle epossidiche, secondo me è abbastanza grave e motiva pienamente la risposta sul mio blog come ho fatto l’altro giorno.
    Se io non rispondessi alle sue entusiastiche esternazioni di scoperte cosmatesche di Gaeta (che diminuivano in quel momento l’importanza del tema sugli amboni) vorrebbe dire che avallo la notizia e che mi rendo partecipe e “complice” di un’interpretazione storico-artistica.
    Mi dispiace, non la condivido e lo dichiaro pubblicamente.
    Le confermo che in quel pavimento non vi è neanche un frammento di materiale lapideo del XIII secolo e che tutte le palle che le hanno raccontato a Gaeta sono frutto dell’immaginazione di qualcuno. Lei non è un giornalista che riporta una notizia o una cronaca, lei dice di essere uno studioso e dunque non può dar credito solo alle notizie che le sottopongono bensì con lo studio e con la critica dovrebbe formarsi un’opinione propria e soprattutto usare gli occhi per discernere il vero dal falso.
    Ho sempre risposto a tutte le sue mail ed ai commenti blog, non ho paura dei sereni confronti, il punto è che non ho più tempo da dedicare a polemiche di sorta.
    Il secondo libro lo abbiamo ordinato come dono al Magister Vitellius Setinus.
    Dunque le chiederei di chiudere qui questa diatriba e preferirei che sul mio blog intervenissero solo commenti propositivi.
    Io tendo a pubblicare integralmente tutti i commenti (come avrete notato) purché siano civili e di qualità. Non voglio perdere tempo per inutili polemiche.
    Un caro saluto

  4. Ah, mi scusi, dimenticavo di dirle che al contrario, non mi sono mai annoiato di leggere le notizie sui plutei di Gaeta e di sfogliare con piacere il suo blog che è per me un punto di riferimento.
    Non credo di aver mai scritto o detto di essermi annoiato o di aver trovato poco interessanti le notizie che lei ha riportato, mentre invece penso esattamente il contrario e che esse sono arrivate proprio nel periodo in cui mi stavo occupando dell’argomento!
    Ammiro e stimo molto il suo lavoro e non mi sognerei mai di criticare negativamente i suoi scritti. La frase che lei ha riportato è ovvio che derivava dal mio entusiasmo del momento nell’aver scoperto il pavimento in questione, che non va certo a sminuire la scoperta dei plutei che ci ha raccontato.

  5. Caro Arch. Del Bufalo,
    più del fatto che il pavimento sia antico o nuovo, o se sia stato realizzato da marmorari del XIII secolo o dal suo amico Vitellino di Latina, mi dispiace per come lei ha interpretato negativamente il mio lavoro, il mio spirito e i miei sacrifici che, se ha davvero letto il mio libro, dovrebbe forse con più coscienza tenerne conto. In realtà in questi mesi ho potuto constatare la “freddezza” che c’è tra quei pochi appassionati di questa materia e la cosa mi rattrista fortemente. Venendo al pavimento del duomo di Gaeta, non so con chi ha parlato o da chi ha avuto le sue informazioni, ma io ho finito di parlare in questo momento con Mons. Sparagna parroco della cattedrale, il quale pur non essendo bene informato delle trattative di restauro in corso, mi conferma quanto mi fu assicurato già dalla Curia Vescovile nel luglio di questa estate e cioè che almeno una discreta parte del pavimento è originale in quanto fu ritrovato smontato ed accumulato dietro un muro di una navata che per l’occasione fu abbattuto. Inoltre, mi è stato assicurato sempre dalla Curia che il pavimento sul presbiterio è stato ritrovato dopo che sono stati staccati tutti i tappeti. Non so quanto tutto ciò sia veritiero, ma lo stato del pavimento, per quello che ho potuto vedere personalmente, mostra interventi con materiali moderni, misti a materiali antichi, a meno che il suo amico scalpellino Vitellius sia così bravo da rompere le microtessere e rimetterle insieme in migliaia di pezzi e ricomporle al modo cosmatesco, ma ne dubito fortemente.
    Mi rincresce, altresì, che la sua critica al mio libro sia limitata al pavimento di Gaeta, mentre non ha risposto ad alcune mie mail private che le inviai per stimolarla ad un sereno scambio di opinioni in merito all’argomento generale dei pavimenti cosmateschi. Su quattrocento pagine di innovazione del mio volume, possibile che abbia letto solo le 3-4 pagine relative al pavimento di Gaeta? Io sono sempre disponibile per un confronto delle nostre tesi, ma quando scrivo agli “esperti”, raramente ricevo risposta. Questo forse è un problema maggiore che la vera originalità del pavimento del duomo di Gaeta. Cos’è? Paura di un sereno confronto sull’argomento? Come vede nel mio libro, che è solo il 5 volume tra gli altri, ho sfatato non pochi luoghi comuni sopravvissuti fino ad oggi, compreso il mito Dorothy Glass, ma forse lei si intende più del materiale dei marmi e un pò meno dei pavimenti cosmateschi. La ringrazio di aver fatto acquistare il volume alla biblioteca del castello della Cecchignola dalla quale proprio due giorni ha è stata ordinata una seconda copia (forse a qualcuno è piaciuto). Concludendo, è probabile che il suo amico Vitellius abbia ricevuto l’incarico da parte della Curia di rimontare il pavimento, utilizzando il materiale antico che è stato ritrovato e il materiale moderno per compensazione. Visto che ci troviamo in argomento, vorrei confrontare la mia tesi sulla datazione del pavimento “cosmatesco” della basilica di Santa Maria Antiqua a Roma, di cui Alessandra Guiglia Guidobaldi e fino al restauratore dei Beni Culturali, dott. Lugari, sostengono che si tratta di un pavimento del VI-VII secolo. Io sostengo di no, lei che ne pensa?
    Per una migliore continuità di vedute, la pregherei di rispondermi al mio indirizzo e-mail
    nicolaseverino@libero.it sono tante le cose che vorrei chiederle e che lei può insegnarmi, così spero in un sincero e reciproco scambio di opinioni nel nostro comune interesse per i pavimenti cosmateschi.
    Cordialità, Nicola Severino

  6. Caro geometra Nicola Severino,
    mi dispiace che si sia annoiato nel leggere le mie news sui plutei di Gaeta, dal momento che risponde scrivendo di aver scoperto “in quel luogo ben altra sorpresa che i plutei di cui si parla”… come se parlare dei plutei di Gaeta esportati negli USA fosse una perdita di tempo.
    Ho acquistato il suo libro Vol. 5 e sfogliandolo scopro con raccapriccio che lei pubblica il pavimento del Duomo di Gaeta come un lavoro medioevale originale attribuendolo addirittura ai Cosmati Lorenzo e Jacopo.
    Mi rincresce informarla che quel pavimento è opera del Magister Vitellius Setinus, un artigiano vivente che conosco e opera in provincia di Latina.

  7. Con non poche difficoltà nel luglio di quest’anno sono riuscito a fare un sopralluogo nel duomo di Gaeta, con il permesso scritto della Curia Vescovile e dell’Arcidiocesi. Son dovuto recarmi a Gaeta tre volte per riuscire ad entrare nel Duomo accompagnato da un “sagrestano” e per un breve lasso di tempo. Ho constatato lo “stato dei lavori”, la presenza di reperti e ora posso dire che in quel luogo vi è ben altra sorpresa che i plutei di cui si parla. Vi è un pavimento cosmatesco originale in fase di ricostruzione che ho analizzato e pubblicato nel mio ultimo volume Arte Cosmatesca Vol. 5: Itinerari d’arte cosmatesca nel basso Lazio, 2011. Vi sono reperti medievali “buttati” dappertutto, i plutei sono incassati in un telaio di legno e anch’essi ammassati alla meno peggio. Alcuni reperti descritti da Gianandrea non sono riuscito a trovarli. Sembra che l’interesse per questi monumenti sia davvero molto scarso, ma poi quando si tenta di studiarli si fanno mille difficoltà.

  8. Piergiorgio Granata

    A Gaeta esiste un Museo Diocesano (accanto al Duomo stesso), forse potrebbe essere quella la sede migliore dove esporre i reperti…. ma evidentemente le autorità religiose e lo Stato Italiano (che è proprietario dei reperti, in quanto la chiesa di S. Lucia è stata pochi anni or sono sconsacrata e concessa al Comune di Gaeta) la pensano diversamente.

  9. Le formelle hanno una forma non perfettamente quadrata e sono nella media di circa 45 x 51 cm.

  10. Il sig. Granata non ha tutti i torti dichiarando i suoi dubbi sulla ricostruzione, nel Duomo di Gaeta, di amboni o recinti presbiteriali con le formelle recuperate dall’altare di Santa Lucia e quelle che forse lo Stato italiano potrebbe recuperare a Boston (USA) dal Museo Isabella Stewart Gardner. Potrebbe lanciare lui stesso la proposta all’Arcidiocesi di Gaeta su come musealizzare gli arredi liturgici recuperati… certo che in uno spazio grande, disadorno e barocchizzato come quello del Duomo (e come tante altre chiese antiche, impoverite da rimaneggiamenti barocchi) farebbe piacere veder ripristinata un po’ di quella forza medievale, allegra e colorata che hanno gli arredi cosmateschi…

  11. Mario Russo

    Mi interesserebbe conoscere le dimensioni delle formelle

  12. Piergiorgio Granata

    Sono rimasto felicemente sorpreso per il ritrovamento delle formelle mancanti dell’altare della chiesa di S. Lucia a Gaeta, complimenti all’arch. Del Bufalo per la scoperta e grazie per la notizia. Le foto sembrano convalidare l’autenticità delle opere. Colgo l’occasione per commentare la “scellerata” ipotesi di ricostruzione del presunto ambone del Duomo, da parte dell’Arcidiocesi di Gaeta e della Soprintendenza del Lazio. I plutei cosmateschi della chiesa di S. Lucia (con i quali, negli anni Trenta del 900′, venne assemblato l’altare maggiore della chiesa) e quelli del Museo di Boston, provengono sicuramente dal Duomo di Gaeta, di cui però non ne costituivano l’ambone (in parte composto da altre lastre cosmatesche, in deposito presso il locale Museo Diocesano), ma bensì la recinzione presbiteriale dell’altare maggiore, realizzata da maestranze attive durante la seconda metà del XIII secolo. Nessuno di costoro si è accorto che la lastra superiore dell’altare di S. Lucia che hanno provveduto a smembrare, oltre ad avere la tipica decorazione cosmatesca, presenta due piccole basi modanate, che originariamente dovevano sostenere delle colonnine, i “tetravela” che nascondevano l’altare ai fedeli durante le liturgie, come nel Duomo di Salerno. Oltretutto, un ambone costituito da otto formelle figurate (dove, assieme agli Evangelisti compaiono figure fantastiche come il basilisco, la sirena, il grifo ..) oltre gli altri elementi rimasti (i “pectoralia” con le storie di Giona, le lastre cosmatesche con il “quincux”) risulterebbe quantomeno “colossale” nelle dimensioni. Sarebbe quantomeno auspicabile il ritorno a Gaeta dei reperti, purchè in un contesto museale, e non impiegati nella ricostruzione di un manufatto che non ha alcun fondamento scientifico.

  13. Benissimo. Ora le foto postate rendono bene il merito ai reperti che si mostrano in modo evidente identici a quelli della foto della Soprintendenza. Cosa che alitava qualche dubbio con le immagini precedenti. Grazie all’arch. Dario Del Bufalo per il ritrovamento e per la notizia divulgata, sperando che presto essi possano ritornare in Italia al loro posto di origine.

  14. Sono d’accordo sulla diversa qualità delle foto pubblicate. Tuttavia, i miei dubbi sull’autenticità del manufatto non dipendono dalla qualità delle foto, ma dall’evidente differenza della manufattura artistica dei soggetti lavorati. In particolare, l’animale alato in alto a destra è sensibilmente differente nella sagoma (specie della testa) da quello della foto della Soprintendenza. Lo stesso si può dire per l’animale dalla coda rialzata (a destra in basso nella foto di Boston e a sinistra in alto nella foto della Soprintendenza). E’ chiaro che questi dettagli andrebbero valutati micrometricamente dal vivo, come è vero che anche l’atto di acquisto del Museo di Boston che cita la provenienza da Gaeta del manufatto dovrebbe essere sintomo di autenticità del reperto (anche se a volte ciò non è sempre vero). Vogliamo fidarci dunque di questo “ufficialità” per dire che il reperto è originale, ma sperando che quanto prima essa possa essere verificata da una analisi più circostanziata dei dettagli che danno adito ai dubbi.

  15. Le foto in nostro possesso sono purtroppo di scarsa qualità e in bianco e nero. Le immagini della Soprintendenza hanno più di 100 anni e sono sottoesposte (scure), le foto dell’allestimento nel Museo Isabella Stewart Gardner di Boston sono sovraesposte (chiare).
    La ragione del suo dubbio può avere origine solo dalla differenza di esposizione delle pellicole fotografiche e dalla loro scarsa qualità, non certo dal fatto che sono passati 100 anni o che negli Stati Uniti abbiano restaurato pesantemente le formelle. L’altro motivo di certezza che ho, sulla corrispondenza di questi marmi, è dato dal fatto che su i documenti di acquisto del Museo di Boston del 1897 è dichiarata la provenienza di Gaeta.

  16. Le formelle allestite nel Museo di Boston sembrano (dal confronto delle foto) una copia brutta delle originali. E’ sicuro che si tratti proprio delle originali? Le hanno restaurate alterandole in questo modo?

  17. Sto analizzando in questi giorni le vicende cosmatesche di Gaeta ed è straordinario vedere questa coincidenza del ritrovamento di queste formelle di cui credo si riferisca anche Anna Carotti nell’aggiornamento al Bertaux.
    E’ straordinario, inoltre, una foto che ho trovato degli anni ’40 del Novecento che mostra due grandi lastre di marmo con altre formelle che riproducono soggetti simili, insieme a porfidi e motivi cosmateschi, esistenti nella chiesa di Santa Lucia. Non ho ancora trovato notizia di queste lastre che appaiono essere di recinzione per le dimensioni, ma potrebbero far parte di uno smembrato e gigantesco ambone un tempo nella cattedrale.

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